Sono appena le sei del mattino, io e il mio compagno d’avventura Vittorio veniamo svegliati dal richiamo alla preghiera dell’Imam di Marrakech: giusto in tempo. Una breve ma sostanziosa colazione marocchina a base di msemen, baghrir e tè alla menta, e via insieme con la nostra guida Assin in direzione Imlil, villaggio berbero ai piedi delle imponenti montagne dell’Alto Atlante: ecco il nostro campo base per fare scorta di viveri, stringere le stringhe e iniziare la salita. Il nostro obiettivo è attraversare l’intera Valle di Imlil, esplorare i numerosi insediamenti berberi e conoscere il popolo che li vive. Poi arrivare ai piedi del Toubkal, dopo 15 chilometri di dislivello non banale.

Assin è abile e di buon passo, lui vive ad Armed un piccolo paesino al centro di un incantevole vallata ai piedi dell’imponente Toubkal. È lì che arriveremo per ora di pranzo: giusto in tempo per fermarci a mangiare qualche piatto tipico a casa sua, dove ci accoglie la sorella che, con molta ospitalità, ci fa accomodare sulla terrazza della casa tipicamente berbera, di forma quadrata, fatta di fango e paglia, con una vista spettacolare sulle montagne circostanti.

Dal terrazzo riesco a osservare parte del villaggio, subito si fa notare per la sua quiete, la sua armonia con il territorio circostante e soprattutto per la gente che lo abita, gente semplice senza troppe pretese, abili lavoratori che amano la loro terra. Io e Vittorio siamo affamati e veniamo subito appagati da una buona tajine di pollo e verdure, piatto tipico del Marocco. Dopo aver pranzato ci prendiamo un po’ di tempo per scambiare due parole con Assin che ci fa subito notare di quanto siano fieri i berberi che popolano queste terre di vivere una vita molto semplice… essenziale. Un concetto ormai abbastanza estraneo a noi occidentali.

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Ci mettiamo in marcia accompagnati dal solito e puntuale richiamo alla preghiera, che rende tutto un po’ più suggestivo. Sul sentiero è facile imbattersi in gente del posto che usa sentieri di montagna per andare da villaggio a villaggio. Attraversiamo valli, fiumi e soprattutto, con sorpresa, costeggiamo cascate che donano vita a un paesaggio così arido. Camminando, io e Vittorio perdiamo spesso il passo di Assin. Lungo i sentieri, più a valle, troviamo piccoli banchetti con merce varia in vendita, in prossimità di altre case, anche queste di fango e di paglia. Non perdiamo l’occasione di scambiare due parole con i venditori che con ospitalità ci offrono un bicchierino di tè. Il tè in Marocco non si può rifiutare. Inizia a calare il sole, in lontananza vediamo Tagadirth che a quest’ora e illuminata dagli ultimi pesanti raggi di sole. Non esiste niente di simile, se non in queste terre.

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Scesi al paese, vediamo altri escursionisti per lo più occidentali di ritorno dalle montagne. È ora di salutare Assin, si è dimostrato un ragazzo veramente in gamba, semplice. Lo avviso che ci saremo rivisti un giorno, per scalare insieme il Toubkal. Il Toubkal che con i suoi 4167m rimane un pallino fisso nella mia testa. Il ritorno a Marrakech è lungo ma molto rilassante, ci permette di realizzare e meditare su quello ci stiamo lasciando alle spalle. Scesi dal pullman ci sembra di essere in un altro mondo: il silenzio, le alte montagne e i tranquilli abitanti berberi vengono spazzati via dal caos e dalle luci di Marrakech.