Da qualche giorno non fa che ronzarmi in testa l’idea che a trentanni suonati debba mettere su carta quello che ho imparato finora. Non la classica lista di ciò che avrei voluto fare prima di superare quella linea sottile, ma un vero e proprio confronto con la realtà.
E così ieri sono sceso all’alba raggiungendo le Mainarde. Ero nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, per uno di quei trekking duri, nell’ambiente selvaggio molisano, alla ricerca dell’esperienza capace di riattivare i pensieri.
Durante tutto il viaggio per raggiungere il Parco ho cercato di non pensarci, imponendomi di non condizionare l’esito della giornata per affidarmi come sempre al vento delle quote più alte. Avevo bisogno di un momento per me.
Sarei stato lontano da ogni distrazione e ne avrei approfittato per capire come abbandonare ancora una volta la strada battuta della comfort zone, per immergermi nelle domande che questi trentanni smuovono ogni giorno.
Dopo circa un’ora di cammino mi era sembrato di aver trovato un’oasi. Era la vecchia capanna in pietra dove abitava un vecchio pittore francese, Charles Moulin, agli inizi del ‘900. All’esterno era possibile vedere ancora residui di una brace accesa, mentre porte e finestre erano chiuse.
Senza neanche aprire la capanna mi ero messo comodo vicino un tronco spezzato e presi dallo zaino il taccuino a cui avevo tolto la polvere da sopra.
Immerso in un bosco dai faggi enormi, ho iniziato ad osservare il paesaggio intorno a me alla ricerca di un’oasi silenziosa. Stavo cercando di raggiungere un luogo in cui potermi sedere nel fitto della vegetazione e dar sfogo i miei pensieri, così da poterli ritrovare un giorno e farci i conti.
Non c’era alcuna solennità dietro quel momento, ma volevo con forza farlo mio, e affrontarmi come avevo già fatto in passato. A diciott’anni, come a venti, figuriamoci a trentanni suonati.
La mia mente è tornata ai ricordi di ogni avventura, viaggio, conoscenza, esperienza e incontro fatto in questi ultimi anni insieme ai miei compagni di strada.
Un viaggio nel tempo che mi ha dato la possibilità di emozionarmi ancora per le pagine di storia, della nostra storia, scritta insieme.
Alla fine di quel momento, rileggendo tra le pagine per mettere in ordine gli appunti scritti e sparsi, ho sentito una gioia profonda. Come una nuova energia. Abbiamo talmente poco tempo per esser schiavi del giudizio eppure non facciamo che ritardare ogni partenza o nuovo inizio. Credo che basterebbe desiderare con forza, ogni giorno, di conquistare i propri sogni e realmente potremmo afferrarli allungando solo la mano.
Questa è la sola missione che abbiamo, la sola strada da seguire.